domenica 29 settembre 2013

 
Cuscini Provenzali
Work in Progress
 


Ho sempre adorato i colori pastello per l'arredamento della casa, i cuscini poi, sono un elemento essenziale.
Appena termino la lavorazione vi faccio vedere il risultato.
Un saluto a tutti


venerdì 27 settembre 2013

Icing






martedì 24 settembre 2013

S'Accabadora figura della tradizione popolare della Sardegna

 
 
 
 

 
 
 
Fino a qualche decennio fa in Sardegna si praticava l'eutanasia.
Era compito di sa femmina accabbadora procurare la morte a persone in agonia.
Studi approfonditi e analisi della documentazione rinvenuta presso curie e diocesi sarde e presso musei, hanno accertato la reale esistenza di questa figura.
S'accabadora era una donna che, chiamata dai familiari del malato terminale, provvedeva ad ucciderlo ponendo fine alle sue sofferenze. Un atto pietoso nei confronti del moribondo ma anche un atto necessario alla sopravvivenza dei parenti, soprattutto per le classi sociali meno abbienti: negli stazzi della Gallura e nei piccoli paesi lontani da un medico molti giorni di cavallo, serviva ad evitare lunghe e atroci sofferenze al malato.
Sa femmina accabbadora arrivava nella casa del moribondo sempre di notte e, dopo aver fatto uscire i familiari che l’avevano chiamata, entrava nella stanza della morte: la porta si apriva e il moribondo, dal suo letto d’agonia, vedeva entrare sa femmina accabadora vestita di nero, con il viso coperto, e capiva che la sua sofferenza stava per finire.
Il malato veniva soppresso con un cuscino, oppure la donna assestava il colpo de su mazzolu provocando la morte.

 

 
 S'accabbadora andava via in punta di piedi, quasi avesse compiuto una missione, ed i familiari del malato le esprimevano profonda gratitudine per il servizio reso al loro congiunto offrendole prodotti della terra.
Quasi sempre il colpo era diretto alla fronte, da cui, probabilmente, il termine accabbadora, dallo (spagnolo?) acabar, terminare, che significa alla lettera dare sul capo. Su mazzolu era una sorta di bastone appositamente costruito e che si puo' vedere nel Museo Etnografico Galluras. E' un ramo di olivastro lungo 40 centimetri e largo 20, con un manico che permette un'impugnatura sicura e precisa. Su mazzolu esistente al museo Galluras e' stato trovato nel 1981: s'accabbadora lo aveva nascosto in un muretto a secco vicino a un vecchio stazzo che una volta era la sua casa.

In Sardegna s'accabbadora ha esercitato fino a pochi decenni fa, soprattutto nella parte centro-settentrionale dell’isola. Gli ultimi episodi noti di accabbadura avvennero a Luras nel 1929 e a Orgosolo nel 1952. Oltre i casi documentati, moltissimi sono quelli affidati alla trasmissione orale e alle memorie di famiglia. Molti ricordano un nonno o bisnonno che comunque ha avuto a che fare con la signora vestita di nero.
A Luras, in Gallura, s'accabbadora uccise un uomo di 70 anni. La donna non fu condannata e il caso fu archiviato. I carabinieri, il Procuratore del Regno di Tempio Pausania e la Chiesa furono concordi che si tratto' di un gesto umanitario. Infatti tutti sapevano e tutti tacevano, nessuna condanna sembra sia stata mai perpetrata nei confronti di questa donna missionaria che si faceva carico materialmente e moralmente di porre fine alle sofferenze del malato.
La sua esistenza e' sempre stata ritenuta un fatto naturale... come esisteva la levatrice che aiutava a nascere, esisteva s'accabbadora che aiutava a morire. Si dice addirittura che spesso era la stessa persona e che il suo compito si distinguesse dal colore dell'abito (nero se portava la morte, bianco o chiaro se doveva far nascere una vita).
Questa figura, espressione di un fenomeno socio-culturale e storico e' la pratica dell’eutanasia, nei piccoli paesi rurali della Sardegna e' legata al rapporto che i sardi avevano con la morte. Nella cultura della comunita' sarda, non e' mai esistito una vera paura di fronte agli ultimi istanti della vita dell'uomo. Si puo' anzi dire che i sardi avessero una propria e personale gestione della morte, considerata il naturale ciclo della vita.
 

 
 

martedì 17 settembre 2013

Marmellata di more


Anche quest'anno ho terminato con la raccolta delle more selvatiche.
Devo dire che è stata una buona annata, belle e dolci.
Ho preparato la marmellata che distribuirò nei cestini per il Natale agli amici.
La procedura che ho seguito è questa:
More
Zucchero
Cannella
Dopo aver lavato in acqua fredda i frutti, lasciateli asciugare per bene;
Frullate le more lasciandone qualcuna intera;
Versate tutto in una pentola (ovviamente in base alla quantità scegliete il tegame);
Io ho aggiunto metà del peso delle more in zucchero;
Una spolverata di cannella;
Fate cuocere lentamente a 100° finche raggiunge la consistenza da voi desiderata;
Riempite i vasetti e chiudeteli, capovolgeteli fino al completo raffreddamento, in modo che venga eliminata l'aria dall'interno.
La mattina sulle fette biscottate o per guarnire una crostata è una vera delizia!
Ottimo come regalo alle amiche!
Buon divertimento



lunedì 9 settembre 2013

Una piccola riflessione

Stiamo vivendo giornate di ansia per le sorti del nostro pianeta. Giornate in cui la riflessione sui fatti in evoluzione porta a più che preoccupazione. Personalmente ho come un blocco emotivo, ancora una volta è palese la dimostrazione che la nostra volontà non conta, conta solo il dio denaro e il profitto.
Si parla di guerra, si posizionano navi armate pronte a scatenare l'inferno, si schierano potenze contro potenze....e tutto questo per ottenere cosa? Ci potessimo vedere dallo spazio per renderci conto quanto piccoli siamo e quanto sforzo mettiamo per autoeliminarci in nome di un qualcosa di così tanto effimero.
Ancora una volta dimostriamo la nostra attitudine all'odio.
Sperando in una risoluzione senza guerra, penso a mia figlia e a tutti i figli di questo pianeta, spero per tutti in un cambiamento, spero che tutti inizino ad amare ciò che abbiamo ricevuto in dono.
Tania un'abitante della Terra!